24/09/14

Perchè credo in uno stato Federale

Il politico e storico Giustino Fortunato amava citare il padre :  “ l’unificazione dell’Italia è stato un crimine contro la storia e la geografia”
Fortunato era un convinto assertore che la forza dell’Italia risiedesse da sempre nelle realtà regionali ed un governo centrale non avrebbe mai potuto funzionare adeguatamente.
Il paese è in crisi; politicamente ed economicamente. Ma i problemi  dell'Italia vanno ben oltre la crisi attuale, le radici del nostro declino affondano nella fragilità dell’identità nazionale, di una crisi iniziata il 17 marzo 1861.
L’unità raggiunta in fretta e furia nell’ottocento, l’avvento del fascismo nella prima metà del novecento e la successiva sconfitta nella seconda guerra mondiale,  non hanno certo alimentato nei cittadini “l’amore per la patria”.
Se dopo il fascismo lo stato avesse raggiunto importanti successi  e offerto ai cittadini un esempio con cui identificarsi, le cose forse sarebbero andate diversamente. Ma negli anni i governi che si sono succeduti  si sono  semplicemente limitati ad amministrare l’economia nazionale. Negli ultimi sessant’anni lo stato ha fallito su  tutta la linea: non ci ha garantito  un governo efficace, non ha contrastato adeguatamente la corruzione, non ha tutelato l’ambiente, non ha protetto noi cittadini dalla camorra, mafia, cosa nostra e dalle altre organizzazioni criminali.
Oggi, nonostante i punti di forza del paese, il governo  è incapace persino di guidare l’economia.
Per riunire in un unico reame i sette regni dell’inghilterra anglosassone, intorno al decimo secolo, ci sono voluti circa 400 anni. Per riunire i sette stati in cui era diviso il territorio italiano ci sono voluti meno di due anni, tra l’estate del 1859  e la primavera del 1861.
Il Papato venne privato della maggior parte dei suoi possedimenti, la dinastia dei Borboni fu cacciata da Napoli e i duchi dell’Italia centrale persero i loro troni. La monarchia piemontese divenne sovrana dell’Italia.
L’Italia unita ha saltato il doloroso processo di costruzione di una nazione trasformandosi, nel giro di 2 anni,  in uno stato centralizzato che non faceva concessioni ai regionalismi. 
Per capire di cosa stiamo parlando basta fare un confronto con la Germania del 1871: dopo l’unificazione l’impero tedesco era guidato da una confederazione che comprendeva 4 regni e 5 granducati, il nostro paese , al contrario, fu unificato nel nome di Vittorio Emanuele II e diventò immediatamente una versione allargata del regno piemontese: mantenne lo stesso sovrano, la stessa capitale Torino e la stessa costituzione. L’imposizione delle leggi piemontesi fece in modo che la gran parte della popolazione si sentisse sottomessa, la varietà dell’Italia aveva una storia secolare e non si sarebbe potuta cancellarla nel giro di pochi anni.
Nel quinto secolo aC gli abitanti della Grecia antica parlavano la stessa lingua e si consideravano un unico popolo. Nello stesso periodo nel nostro paese le popolazioni parlavano circa 40 lingue diverse e non avevano nessun senso di identità comune. La diversità italiana si è accentuata dopo la caduta dell’impero romano e per secoli è rimasta  divisa prima nei comuni medievali, poi nelle città stato e in seguito nei ducati rinascimentali. Lo spirito localistico sopravvive ancora oggi, se chiediamo ad un cittadino di Padova di definirsi  dirà che si sente innanzitutto padovano, poi veneto ed infine italiano. La diversità linguistica è un altro barometro della frammentazione italiana, nel 1861 il 90 % degli italiani parlava lingue o dialetti incomprensibili nel resto del paese , perfino re Vittorio Emanuele  parlava solo piemontese quando non si esprimeva nella sua lingua madre , il francese. Nell’euforia generale del periodo tra il 1859 e 61 quasi nessun politico ebbe coscienza della complicazione di unificare popolazioni cosi eterogenee, uno dei pochi a farlo fu Massimo D’Azeglio che dopo l’unità disse “ abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani”.

Sel’Italia avrà ancora un futuro dopo questa crisi la Politica dovrà tener conto  del regionalismo intrinseco e millenario del paese. Naturalmente  non si potrà tornare ad essere un insieme di repubbliche comunali, ducati rurali e principati ma potrebbe benissimo diventare un moderno stato federale capace di riflettere la nostra natura storica. Daltronde un popolo che dimentica le sue origini non ha futuro.

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